Il principio di indeterminazione venne enunciato, nella meccanica
quantistica, durante i primi decenni del secolo scorso.
Il principio dice che non è
possibile misurare contemporaneamente e con estrema esattezza le proprietà che
definiscono lo stato di una particella elementare.
Se potessimo determinare, ad
esempio, con precisione, la posizione avremmo insicura la misurazione della sua
velocità.
Questo concetto si può semplificare
pensando al modo, in linea di principio, di come si potrebbe misurare la
posizione di una particella così piccola da sfuggire dall'osservazione ad
occhio nudo. Si potrebbe utilizzare un microscopio con sempre maggiori
ingrandimenti, questo ci assicura di
individuarne la posizione con sempre maggiore precisione.
Tuttavia, così facendo, noi dobbiamo illuminare la particella con un
fascio di luce e così facendo, dato che la luce porta energia ed impulso, la
nostra particella riceverebbe una piccola spinta che cambierebbe il suo stato
di moto, e più si illumina la particella con potenti microscopi, più le si da
energia e più si cambia il suo momento, cioè la sua velocità, e meno possiamo
determinare la sua velocità di partenza. In altre parole le due misure, della
posizione e della sua velocità comportano un'indeterminazione complessiva. Il
principio di indeterminazione da un punto di vista concettuale significa che
l'osservatore, cioè lo scienziato che fa la misura, non può mai essere
considerato un semplice spettatore, ma che il suo intervento, nel misurare le
cose, produce degli effetti non calcolabili e dunque un'indeterminazione che
non si può eliminare.
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