La
sensazione del tempo nella specie umana nacque sicuramente agli inizi
dell’evoluzione. Le albe e i tramonti, la durata e l’estensione del percorso
del Sole, i punti di levata e quelli in cui l’astro sparisce sotto l’orizzonte
dovettero essere percepiti e osservati con ansiosa attenzione.
L’uomo però si rese conto che la coscienza
dell’alternarsi del giorno e della notte e del succedersi delle stagioni,
secondo una precisa sequenza, rende l’ambiente più controllabile e diminuisce i
pericoli reali o immaginati.
I
cambiamenti, dovuti al ciclo delle stagioni, come le temperatura, la
vegetazione ed il comportamento degli animali imponevano alle primitive
comunità di cacciatori e raccoglitori umani lunghi spostamenti al seguito delle
mandrie selvagge e mutazioni nell’alimentazione e nei ripari.
Si
formò, generazione dopo generazione, un
concetto di tempo nel quale i fenomeni
si disponevano in sequenza come su uno sfondo immobile e continuo.
Dalla
osservazione della periodicità dei vari fenomeni che abbiamo ricordato ne
scaturì, come diretta conseguenza, in un primo tempo l’osservazione ciclica delle fasi lunari, in seguito i
movimenti apparenti del Sole e delle
stelle.
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